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Io sono Liz, Liz Di Bianco, e afferisco al Rango Quattro. Il che significa che la mia vita inizia con una sillaba e finisce con la frase scritta. Già ai tempi della scuola meritavo voti altissimi alla consegna dei componimenti - dev’essere per questo che la Commissione decise, a suo tempo, di inquadrarmi così. All’interno del mio gruppo ci occupiamo unicamente di lettere e spartiti; nessuno svolge attività manuali né fisiche, l’unica eccezione permessa è il ballo - forse per il suo inevitabile legame con la musica. Ma a parte questo, non rimangono che note e grafemi. Non abbiamo hobby tipo scultura o bricolage e nei nostri appartamenti non si trovano fotografie: non ci è consentito farne e neppure possederne. L’immagine non deve attrarci, l’arte figurativa è un universo distante, perfino per il tatuaggio che porto sulla pelle ho dovuto accontentarmi di banali lettere nere.
Io sono Liz e sono turbata nel profondo. Conosco a memoria commedie, interi canzonieri, e alcuni monologhi interiori dei nostri tempi li ho scritti io stessa; ma non traccio uno schizzo a matita dai tempi delle elementari. Sono bloccata agli alberelli senza radici, agli omini stilizzati. E mai, mai prima d’ora avevo sentito l’urgenza di impugnare un pastello e decidermi a usarlo. Ma guardando in giro per la stanza scopro ciò che già sapevo: nessuna cera colorata in vista, né tanto meno album da disegno. Nella nostra Zona non si comprano matite, almeno non alla luce del sole: chi ce le venderebbe? Se esiste qualcuno fra noi che ne possiede – e io non conosco anima viva – è chiaro che se le è procurate in altro modo.
Ricordo bene il giorno dell’Inquadramento: il postino che suona alla porta anziché lasciare la lettera in cassetta, io e mia madre che spezziamo trepidanti il sigillo del Ministero, la vicina che si affaccia curiosa, attratta dagli alti strilli cui ci abbandoniamo. A soli sedici anni, la mia sorte era già tracciata; ma io, anziché riconoscere la trappola, mi davo l’importanza di una regina. Qualcun altro, qualcuno che non conoscevo e che non aveva idea di chi fossi, aveva pianificato tutto fino all’ultimo giorno, delimitando i confini entro i quali mi sarei mossa per sempre. Io e i miei avevamo brindato con della semplice aranciata, un po’ per via della mia giovane età, un po’ perché alla loro Classe il consumo di alcolici è vietato. Rammento alla perfezione lo stato d’animo generale: euforia pura. La consapevolezza che il futuro fosse sistemato, con ogni responsabilità ormai delegata, dava a tutti una piacevole sensazione di fiducia verso il domani. Avevo uno status adesso! Non avrei potuto essere maggiormente appagata.
Ma, dopo tanti anni, a fianco dell’appagamento si sta facendo strada il dubbio: e se quello che scambiavo per privilegio fosse in realtà l’uscio di una gabbia? Le Classi sono ermetiche, compartimenti stagni, l’opzione cambiamento non è attiva, ci insegnano che “…chiunque sia a conoscenza di intenzioni o comportamenti sovversivi è tenuto a farsi avanti, perché possa essere garantita la salvaguardia del Sistema.” Non so a quali conseguenze andrei incontro se rivelassi le mie incertezze – probabilmente mi attenderebbe la Struttura, e preferisco non pensarci nemmeno.
Non ho confidato la mia inquietudine neanche a Milo, che è la mia frequentazione fissa da diversi mesi e si dimostra interessato a me soltanto – afferma di non avere rapporti con nessun’altra e non ho motivo per dubitarne, sebbene la monogamia non sia per noi un dogma assoluto. È presissimo e non mi meraviglierei di vederlo spuntare con un anello - ovviamente se appartenessimo alle Classi Uno, Due, Tre, note anche come Dominanti.
Oltre a essere un bravo amante, Milo è il mio migliore amico; ma capirebbe cosa mi passa per la testa, lui che difende il suo ruolo a spada tratta? Ideare musica e testi è il solo scopo della sua esistenza, e non per via dell’Inquadramento: Milo non percepisce alcuna costrizione, non desidera nient’altro che lavorare ed evolvere secondo il ruolo assegnatogli dal mondo, si intuisce ad ogni suo discorso. Una volta mi ha detto che chiunque sia stato a inserirlo nella nostra Classe ha fatto un lavoro superbo: “Non so come riescano ad azzeccarci, ma con me ci hanno preso in pieno!”
Dunque, perché deluderlo?
Conoscere il mio segreto lo metterebbe in una posizione scomoda rispetto alle Autorità, rischierebbe anche lui di finire nei guai; e io non posso esporlo a un simile pericolo.
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