sabato 30 agosto 2025

39. ESPANSIONE

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Sotto la voce Espansioni trovate quella parte di narrazione che segue le avventure dei personaggi, ma non compare nel testo originale; perché il nostro mondo è un mondo che pulsa...

Sono in quattro a salire sul palco rialzato: Vittoria, Marzio e altri due giovani, prestanti gazzelle in forza alle Squadre di Riabilitazione. Una volta là sopra, in completo dominio dell’assemblea, si esibiscono in un piccolo inchino; in perfetta sincronia, ogni membro dell’uditorio inclina il capo con garbo, in segno di cortese risposta.
Eppure sappiamo fin troppo bene cosa stia a significare questa sfacciata pantomima: cara famiglia, ci dicono senza proferire verbo, siamo qui per conto del Sistema. Agevoliamo il vostro percorso, ma il nostro compito è servire lui. La Commissione vi ha concesso una seconda chance, non sprecatela: vi indicheremo come metterla a frutto, passo dopo passo.
Se non fossi così condizionata a non reagire, so che sbufferei come un mantice; ma la lezione è penetrata bene al di là dell’epidermide e non lascia spazio a iniziative spontanee. 
Alla mia destra, Silvia si agita un poco sulla sedia; ma a parte questo, non vedo emozioni filtrare attraverso quel corpo. Le spalle sono distese, e il viso è piatto e grigio come le pietre che lanciavamo sul lago da bambini, restando a osservarne i salti nel bagliore del sole riflesso a pelo d’acqua. È granitica, Silvia, e a suo modo lo è anche Letizia; perfino lei, sempre sull’orlo di una crisi di panico, riesce a conservare un’espressione neutra al cospetto dei Riabilitatori. 
Perché un’ostentata indifferenza è l’arma migliore contro la provocazione, contro il rischio di lasciarsi scoprire il fianco. Non siamo che prolunghe dei nostri guardiani, e come tali esprimiamo quel che si aspettano da noi; ma per farlo ci svuotiamo dei nostri contenuti, ci allontaniamo dal nucleo di noi stessi. 
Mi balza alla coscienza l’incubo che ho avuto questa notte - una scena che accompagna spesso le mie notti solitarie e che getta un’ombra di oppressione sul mio cuscino al risveglio. 
Nel sogno sono nella mia stanza, nell’appartamento che occupavo al Quartiere Quattro, e cerco con frenesia la chiave del primo cassetto del comò: una chiave pesante, dorata e grossa. All’interno ho riposto i pendenti avuti in dono da Milo una vita fa, e tremo all’idea di non poter recuperare un oggetto così prezioso. Via via che i secondi scorrono, l’agitazione precipita nell’angoscia - specie quando, osservando meglio il mobile chiaro, realizzo che è rivestito interamente in pelle umana. La mia pelle, coperta di nei e pallida come la luna. Scorgo perfino, con l’ennesimo brivido freddo, la scritta farfalla, che spicca nera su uno spigolo in basso. Poi, di colpo, il cassettone si sgretola sotto i miei occhi, fino a disfarsi in polvere; e a quel punto mi sveglio di soprassalto, con un verso da animale in trappola strozzato in gola.
Cosa racconta questo orribile scenario? Cos’ho perso di tanto importante? Mi affanno e piango sugli affetti del passato o sugli insostituibili pezzi di me stessa? 












 



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