sabato 28 giugno 2025

24. CAPITOLO UNDICESIMO

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Prima che me ne accorga arriva il trentesimo compleanno di Lunetta, e io e le girls organizziamo una vera e propria battuta di caccia per scovare un luogo memorabile in cui organizzare una festa di tendenza. La scelta cade su un’antica colonica a tre passi dalla città, posto ideale per beffarci del caos dei viali senza sentirci troppo isolati. 
Lo so, Lunetta avrebbe optato per una notte brava in discoteca, ma io e le ragazze siamo andate ben oltre: è stato ingaggiato un barista che sarà con noi fino in fondo, un tecnico che si occupi dello spettacolo pirotecnico, e abbiamo il permesso di trattenerci fino al mattino se lo riterremo opportuno – non vogliamo trovarci ubriachi al volante. Facciamo il consueto giro di telefonate, ci scervelliamo per indovinare cosa la nostra amica desideri in regalo – c’è chi propone il solito profumo, chi rilancia con un buono sconto da sfruttare in libreria, chi pensa a uno stock di prodotti per la pulizia della sua adorata automobile. Forse ci siamo fatti prendere dall’entusiasmo, ma trent’anni si compiono una volta sola; è un traguardo importante, da celebrare come si deve. Ero furente con Lunetta e una parte di me lo è ancora, ma non permetterò che qualche ruggine di poco conto rovini l’evento. 
A dirla tutta sono un po’ nervosa. È la prima occasione in cui ritrovarsi tutti assieme, e io non ho nemmeno accennato a Milo che sono al corrente delle loro confidenze; però ho prudentemente messo in chiaro che del mio incontro col Dottor Cautiverio non deve essere informato nessuno.
Quando arriviamo è ancora presto, perciò ho il tempo di ritoccare il trucco mentre lui si assicura che ogni cosa sia in regola. Col passare delle ore il posto si fa sempre più affollato e verso le nove corriamo tutti a nasconderci, abbassiamo le luci e attendiamo l’ignara protagonista della serata. Quando Lunetta, attirata qui con una scusa banale, fa il suo ingresso nella sala grande, esplodiamo in un boato ruggente che la sorprende e la delizia al contempo. Tecnico e barista si accontentano di fischiettare, non potendo intonare “tanti auguri a te” assieme a noi; poi cominciano gli scherzi all’indirizzo della festeggiata: “Scommetto che non sei più tanto afflitta dall’invecchiare, eh?”, e lei è costretta ad ammettere che l’organizzazione ha dell’incredibile; è raggiante come una bimba. 
Di regola non amo ballare, ma non so resistere alla pista allestita sotto le stelle; ben determinata a ritrovare l’affiatamento che avevo con Milo, mi lancio in un twist scatenato strizzandogli l’occhio con intenzione, e lui mi segue a ruota. A ogni ballo ne succede immediatamente un altro fino a quando, fradici di sudore, ci avviamo al bancone improvvisato per concederci un drink.
Sorseggio ansante il mio bloody mary – rigorosamente con tequila, niente vodka per i miei gusti – quando Lunetta si materializza dal nulla e prende posto vicino a me sulla panca. "Serata fantastica, non so come farò a ringraziare tutti.” Si sventola un po’ con la mano, poi aggiunge sottovoce: “Perdonami per l’altro giorno, vuoi?”
Io sorrido, finalmente libera da un peso: “Ma certo, pietra sopra.”
Così si alza, nuovamente diretta verso la pista da ballo, io afferro Milo per un braccio e lo tiro a me con forza: “Restiamo anche per la notte? Il posto è immenso, non dovremo lottare troppo per un po’ di privacy.” Lui mi prende in parola, esaurisce l’ultimo shottino, mi solleva e mi carica in spalla, avviandosi verso la scala che conduce al piano superiore. Io batto radiosa le mani nel tumulto: scintille in vista.

Quando mi sveglio, con un leggero mal di testa e un filo di nausea, intorno a me è buio pesto. È notte fonda, tutti sono saliti a dormire, almeno a giudicare dalla quiete dell’ambiente. Cerco Milo a tentoni sul materasso vicino al mio e mi accorgo di essere rimasta sola, ma non mi preoccupo: sarà certamente alla toilette, dopo i fiumi di birra che si è scolato! Mi giro sull’altro fianco, sperando di risprofondare nel sonno senza che la camera ondeggi troppo, ma qualcosa cattura la mia attenzione: c’è qualcuno in corridoio, sento i bisbigli nell’oscurità. Chi può essere? 
La risposta arriva qualche minuto più tardi, quando Milo rientra in camera e il ticchettio dei passi del suo interlocutore si allontana in fretta; altro che bagno, era lui là fuori! E in compagnia di Lunetta per di più, riconoscerei la sua andatura fra mille. Cos’hanno adesso da confabulare?
Milo ha qualcosa in mano, qualcosa di piccolo e scuro che posa sul mio comodino senza fare rumore, qualcosa di poco visibile ma maledettamente somigliante al mio cellulare.
Umiliata e incredula non so se alzarmi e affrontarlo o continuare a fingere di dormire: come ha osato, e dopo che gli avevo chiesto discrezione! E quella vipera, invoca perdono per poi pugnalarmi alle spalle? 
Nei giorni seguenti una miriade di dubbi assedia il mio cuore: era la prima volta in cui il mio ragazzo mi controllava? Avranno certamente letto i miei messaggi, ma quali? Perché?
Mi torturo al pensiero che, quella notte, possano avermi nuovamente cercata dalla Zona Cinque; Milo potrebbe aver intercettato la chiamata, decidendo che sto meglio senza ulteriori notizie. 
Mi balocco con l’idea di contattare Jan io stessa, ma ho troppa paura di esporlo a un pericolo: finora ho gettato la prudenza al vento, che succederebbe se le linee telefoniche venissero tracciate? 
Non so come agire con Milo, non so se cercargli delle attenuanti oppure chiuderlo all’angolo. Mi arrovello per capire cosa lo spinga a comportarsi così: la gelosia? Un eccesso di ansia nei miei riguardi? O semplice timore per se stesso? Forse è proprio questo il problema: dopotutto, sapendo quello che sa e non correndo a denunciarmi, finirebbe di certo in cima alla più nera di tutte le liste.

Subito dopo la festa Milo si defila in sala prove; a sentir lui è per un impegno improvviso, ma il mio istinto femminile la sa più lunga. Mi sta evitando, ecco la verità, forse per rabbia o forse per paura, e devo ammettere che una parte di me è contenta così: la lontananza allarga la prospettiva, chissà che questo interludio non mi aiuti a sbollire un po’. Anche Lunetta è svanita dai radar e pure in questo caso non me la sento di sollecitare un incontro che finirebbe da schifo. 
No, meglio tentare nuove strategie per tenersi occupati. Che delizia sarebbe andare al lago per due bracciate, ormai la stagione lo permette, che beatitudine calarsi nella cornice verde di quelle fresche acque! Sospiro. Le spensierate nuotate estive risalgono a quand’ero bambina, sono un’altra delle mille cose che ho perso in seguito all’Inquadramento: i soli impianti sportivi presenti da queste parti sono destinati alla riabilitazione, non c’è verso di allenarsi un po’ se non con la lesione di un menisco! Alla sola idea la mia depressione si fa ancora più abissale. Zero atleti in Zona Quattro.
Perciò cerco di non pensare a niente, cerco di non indugiare sulla scatola di lenti a contatto che il mio ragazzo dimentica sempre sul tavolo, accanto alla cenere del suo tabacco, ed evito le tisane allo zenzero che di solito condividiamo, nella segreta speranza che lui stia facendo lo stesso, che accusi la mia mancanza almeno un poco.
Piuttosto, mi tuffo nel lavoro. In ufficio, benché taciturna, riesco ad essere affabile come al solito, e grazie al cielo Daria si comporta da persona discreta, intuendo che desidero solamente starmene in pace. 

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33. LA PAROLA ALL'AUTORE

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