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Sotto il nome Espansioni trovate quella parte di narrazione che segue le esistenze dei nostri personaggi, ma non compare nel testo originale; perché il mondo di Liz si dirama in modi inaspettati..
C'è la luna a brillare alta nel cielo, immobile sopra le tegole del mondo; tegole addormentate, tegole impaurite - tegole incapaci di guardare fuori da se stesse.
Ma il piccolo Milo, almeno lui, è ben sveglio; vede tutto in chiaro, come un film proiettato sul grande schermo, sebbene le luci dell’abitato risultino spente. Perfino i lampioni lungo la strada proiettano un alone meno intenso del solito, ma il bambino non se ne stupisce; sa che, per agire indisturbate, le Squadre di Rimozione creano apposta una fitta penombra in simili occasioni.
Ma quella sorta di tenebra funge anche da segnale: è un codice, per raccomandare ai cittadini disciplinati di non muoversi da casa, di badare agli affari propri. Tira aria di guai, ammonisce quel segnale.
Milo, però, non può semplicemente occuparsi del suo orticello: questa notte le Squadre colpiranno le loro stanze, verranno a prendere sua madre - che ha lanciato una sfida personale al Sistema e alle sue leggi. Per chi si espone quanto lei, la pena prevista è massima: l’attende la reclusione, forse a vita, e Milo sa che difficilmente avrà la chance di abbracciarla ancora.
Si raccontano un sacco di aneddoti sulla Struttura, molti plausibili, alcuni insensati, altri difficili da incasellare. Eppure, di una cosa Milo è più che certo: se perdi lo status decretato dalla Commissione, non c’è alcun modo di riaverlo indietro. Se vieni rimosso dalla Zona cui appartieni, non troverai grazia sufficiente a riammetterti tra le mura cittadine.
Il bambino vorrebbe urlare, abbandonarsi ai lamenti, strattonare la gonna della madre per obbligarla a restargli accanto… ma non fa nulla di tutto ciò. Il padre lo ha istruito a dovere: “Se ti lasci prendere dal panico, faranno del male anche a noi. Sii forte. Sarai un ometto coraggioso, non è vero, tesoro mio?”
*
Di regola, quando gli interventi delle Squadre prendono di mira madri con giovane prole, le Autorità provvedono a coprire il buco, inviando al domicilio in questione un genitore surrogato; ma il padre di Milo non ha la forza di compilare il modulo, e pianifica in solitaria un’esistenza differente per sé e per il figlioletto. Entrambi recitano il nuovo copione senza smarrimenti, fingendo che gli ultimi fatti siano piovuti su teste diverse dalle loro, e adattando la routine domestica al recente ménage familiare.
Per un tacito accordo, Milo non spenderà mai una parola sull’accaduto; ma il sentimento offerto alla donna che un tempo asseriva di amarlo inizierà a mutare faccia. L’affetto cieco del passato svanirà presto, cedendo il posto a un bruno risentimento, solcato da spesse venature tossiche: perché tante imprudenze quando bastava un po’ di cautela? Perché chiedere di più quando la vita non mostrava una grinza? Dov’era andata a cacciarsi la sua tipica impronta docile e accomodante? Neppure l’iniziale declassamento era servito a farla ragionare: aveva preferito l’arresto alla solida normalità delle loro giornate.
A queste considerazioni, Milo scuoterà il capo ogni volta - soddisfattissimo, invece, del proprio buonsenso: allineato alle politiche del Sistema, comincerà a giudicarsi addirittura virtuoso… consapevole che lei, avventata e incontentabile, chiaramente incurante di quanto poteva capitare a lui, non ha esitato un secondo a voltargli le spalle.
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