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Riuniti all’interno dell’edificio, ci salutiamo levando in alto i calici colmi fino all’orlo. La qualità dello champagne è quella che preferisco, mi spiace solo che Jan non possa assaggiarlo - a causa del suo Rango, è escluso da qualsiasi tipo di brindisi: niente alcol per la Classe Otto.
“Non fa nulla, non berrei quella roba in ogni caso” mi dice, e io ammutolisco, intuendo di averlo guardato con pietà. Balbetto imbarazzata qualche frase a mo’ di scusa; non volevo umiliarlo.
La fine del lavoro mi riempie di sgomento, i miei rapporti col mondo dell’arte sono giunti al capolinea. Chi è presente al party mi invita cortesemente a tornare quando voglio, ma è solo una formalità: il mio permesso temporaneo scade a mezzanotte, non ho ragioni di chiedere una proroga. La carta elettronica che mi consente l’accesso verrà disattivata e allora addio giratine illimitate in questa Zona.
Il Maestro saluta con calore tutti coloro che gravitano intorno alla galleria, illustrando il mio lavoro ed elogiando il mio impegno. La maggior parte di queste persone sono ormai volti noti, altri li incontro solo questa sera - e mai avrò modo di approfondire la conoscenza. Arrossisco di piacere ogni volta che la mia professionalità viene ribadita: è una serata d’incanto, che peccato non avere Milo al mio fianco.
Verso le undici gli artisti cominciano a ritirarsi e io realizzo, con un macigno nello stomaco, che il congedo è ormai imminente. Il Maestro mi saluta con una stretta energica, mi ringrazia per il tempo che gli ho dedicato, mi scorta fino all’ingresso dove mi attendono borsetta e soprabito.
Mentre guido verso casa, una lacrima scende silenziosa lungo la mia guancia. Il quartiere degli artisti è alle mie spalle, tra breve approderò di nuovo al Rango Quattro. Vorrei mandare a Milo il messaggio della buonanotte, mi aiuterebbe a sentirmi meno sola; con una mano cerco il cellulare, frugo e frugo, ma al tatto non sento niente. Accosto al marciapiede, spengo l’auto, rovescio il contenuto della borsa sul sedile accanto al mio: chiavi, rossetto, portafoglio, scontrini vari, penna e block notes, fazzolettini, aspirina. C’è di tutto in questa baraonda, ma il telefono manca decisamente. Piegandomi fra i sedili, controllo che non sia caduto nell’abitacolo; ma anche per terra non trovo nulla.
Mi passo una mano fra i capelli, sbuffo e scendo di macchina irritata. Lo avevo con me alla galleria, dev’essere rimasto là. E adesso non c’è che una cosa da fare: tornare indietro. Ho ancora un po’ di tempo prima che scada il pass, se mi spiccio ce la faccio a controllare di persona.
Ripercorro la strada appena fatta più veloce che posso, imbocco via dei Salici, parcheggio, mi avvio allo studio. Non sento più chiacchiere né musica, però la luce è accesa per fortuna; probabilmente ci sono gli Ausiliari a riordinare l’ambiente.
La porta è chiusa, ma ho imparato dal Maestro il trucchetto per aprirla dall’esterno. Procedo per i corridoi come una ladra, desiderosa di recuperare ciò che mi appartiene e di filarmela al più presto. Arrivata all’altezza dello studio, un rumore lieve rivela che non sono sola dentro l’edificio; come sospettavo, staranno radunando i bicchieri. Sarà Jan? mi chiedo, e nel pensarlo sento un fremito lungo la schiena. Do una sbirciatina, pronta a giustificare la mia presenza, ma le parole mi muoiono in gola: è davvero lui l’uomo in piedi al centro della stanza, ma non è affatto occupato a raccogliere i vuoti. Stava dipingendo, pennello e tavolozza sono a portata di mano, è evidente che ha mollato tutto sentendomi arrivare. Ci guardiamo in silenzio.
“Non denunciarmi alla Commissione” dice poi.
“Non ne avevo l’intenzione” replico, leggermente piccata: mi reputa tanto stronza?
“Scusa, non l’ho detto per offenderti, ma secondo la legge non posso tenere un pennarello in tasca, lo sai. Non so che farebbero, se mi scoprissero.”
Torna a guardare il suo dipinto, più rilassato, e allora azzardo uno sguardo pure io, restando di sasso: sul cavalletto fa bella mostra di sé “Oltre la superficie”, il MIO quadro, il quadro che tanto ho amato in questi giorni. Mi avvicino stupefatta e Jan sorride, il primo vero sorriso che mi abbia rivolto in settimane.
“Avevo notato come lo studiavi, sono contento che ti piaccia.” Ne va visibilmente fiero.
“Non rappresenta semplicemente via dei Salici, vero?”
“Vero. È il percorso della mia esistenza: apparentemente non c’è un mattoncino fuori posto e l’asfalto luccica, ma quella è giusto la superficie. Come la mia vita, la strada è un grande inganno: se cerchi di andare oltre, se scavi nel profondo, non troverai che strati di nero, pronti a soffocarti.”
La pioggia è ormai cessata e, al di là delle vetrate, la luna appesa nel cielo d’inchiostro getta la sua luce tremula sopra di noi. Ammiro la tela quasi in trance, ammutolita. Inizio a comprendere quel grido di dolore che sprigiona con forza, e adesso l’apprezzo ancora di più.
“Che fa uno come te in Classe Otto?” Sto andando sul personale, ma ho il fondato sospetto che la sua diffidenza appartenga al passato.
“È il rango di tutti i miei fratelli, così ci sono finito anch’io; un errore, credo, una decisione frettolosa, oppure… chissà? si vede che erano a corto di Ausiliari. Mio padre ha tentato di rimettere a posto le cose finché è vissuto, ma non gli hanno dato retta: una volta che sei inquadrato, nessuno può farci più niente. Desideravo con tutta l’anima disegnare, fare ciò che secondo il resto del mondo dovrei odiare. Mi sento nato per questo, e quando sono approdato qui il Maestro mi ha sostenuto, aiutandomi a non tradire me stesso. Così facendo, si è assicurato la mia gratitudine in eterno; voglio dire, rischia molto anche lui, se mi beccassero...” la frase rimane sospesa a metà, ed entrambi immaginiamo l’asprezza della Struttura, con le sue pareti grigie, i cancelli e le finestre troppo alte.
Poi, nella quiete della notte, udiamo un trillo melodico provenire dalla stanza a fianco.
“È mio” spiego, “perciò sono tornata, non capisco come ho fatto a perderlo. Comunque che ci fa di là? Io non ci ho proprio messo piede.”
“Mmm... nell’ufficio del Maestro? La porta è sempre aperta, però nessuno si sogna di entrarci:”
“Allora deve averlo trovato da qualche parte e avercelo messo lui quando me ne ero già andata.”
“Mmm… sì, chissà… ma è uscito subito dopo di te, non ne avrebbe avuto il tempo. Se invece lo avesse portato lì prima…”
“Senza avvertirmi che lo aveva trovato? Stai insinuando che mi ha derubata?”
“Il Maestro non è un borseggiatore” mi assicura in tono di rimprovero, “forse non sapeva di chi fosse… o forse ha trovato un mezzo per farti tornare”, e qui inarca un sopracciglio in modo eloquente.
Già, forse. Alla sola idea mi sento importante. Possibile che sia andata così? O si stanno burlando di me? Purtroppo non posso star qui a investigare, sento di nuovo il cellulare e mi volto per andare a prenderlo; ma Jan mi afferra per un braccio e il suo sguardo cade sulla parola tatuata intorno al mio polso. La sfiora interdetto con la punta delle dita: “Farfalla” legge.
“Metamorfosi, trasformazione, rinascita” mormoro, rivelando il significato nascosto che attribuisco all’insetto – e che so di poter rivelare a lui, a lui che adesso è tanto vicino da piovergli fra le braccia. Stiamo fermi in silenzio, elettrici, in attesa di qualcosa di più. Che bello starti accanto, mi sorprendo a pensare, mentre pigre nuvole di passaggio, sospinte da una brezza leggera, celano la luna per un poco, spegnendone i raggi argentati.
Poi d’un tratto mi riscuoto, spezzando l’incantesimo che ci avvolge. Volo a recuperare il telefono e senza nemmeno salutare scappo sulla strada; scorrendo la lista chiamate vedo che Milo cerca di rintracciarmi da mezzora. Prima di rimontare in macchina e abbandonare il quartiere per sempre, lancio un lungo sguardo alla scena che ho dinnanzi: ai marciapiedi, alle lunghe file di lampioni, alla carreggiata scura che conduce fuori verso il nulla - e che annienterà, come ha fatto con Jan, ogni possibile alternativa a un domani che è già stabilito.
*
Chi non si è mai sentito come Jan, intrappolato in una dimensione che non è la sua? Io sì, assolutamente!
Grazie mille per aver scelto di continuare a seguire Liz nelle sue avventure! 🩷
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