sabato 7 giugno 2025

15. ESPANSIONI


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Come immaginate, cari lettori, un incontro a quattr’occhi fra Liz e Jan… al di fuori delle proibitive regole del Sistema? Cosa succederebbe se il Temet Nosce fosse il bar di una città qualunque, simile a quello in cui beviamo un drink prima di cena?

Sotto il nome Espansioni trovate quella parte di narrazione che segue le esistenze dei nostri personaggi, ma non compare nel testo originale; perché il mondo di Liz è un organismo in espansione

Al Temet Nosce
Il Temet Nosce non dista molto da casa mia, mi basta camminare una ventina di minuti e lo raggiungo; all’arrivo ti trovo che già mi aspetti, seduto su una delle antiche panche in pietra del locale. Mi fai cenno di sedere, poi dai una voce al cameriere e ordini due birre chiare; io mi metto comoda e ti domando immediatamente del lavoro. So che al momento sei impegnato nell’ennesimo nuovo progetto – hai ottenuto uno stand alla prossima fiera cittadina, un evento che richiamerà artisti da ogni angolo del paese, alcuni riconosciuti a livello internazionale – e sei tutto preso a realizzare una serie di opere in vista di quella data. 
Ti avvicini e mi porgi il cellulare, sul cui schermo scorre una teoria di foto da cui intendi trarre ispirazione: “Non faccio che sfogliare cataloghi polverosi alla ricerca di scatti da riprodurre su tela. Ma non sono soddisfatto, ho bisogno di visionare altro materiale; potrei passare da voi, che dici? Dovrà pur esserci qualcosa di interessante.”
“Mmm… Sarei d’accordo se quella in cui lavoro fosse una biblioteca di conservazione. Noi non vantiamo un patrimonio tanto ricco, per lo più i nostri utenti vanno a caccia di polizieschi o romanzi rosa… Non mi sembra roba che possa fare al caso tuo.” 
“A breve ricorreranno seicento anni dall’avvio dei lavori di costruzione della cattedrale: sarebbe un ottimo soggetto da presentare, non credi?”
“È perfetto” annuisco. “Potresti rivolgerti all’archivio, con loro avrai di certo maggiore fortuna. Farò una chiamata, vediamo se salta fuori qualcosa d’incoraggiante.”
Di colpo ti illumini. “Magnifico” sorridi.
Allunghiamo i vuoti al ragazzo che serve ai tavoli e ordiniamo un secondo giro.
Il tuo programma non si limita all’esposizione dei dipinti, ma prevede l’istituzione di un laboratorio per chiunque voglia cimentarsi con fogli e colori. Illustri nel dettaglio le idee che hai per la mostra, e io prometto di iscrivermi al tuo seminario; poi, insieme, sfogliamo il brogliaccio che non manchi mai di portarti appresso. Sei animato dall’entusiasmo, e non soltanto per l’iniziativa presente; con una punta d’invidia, capisco che stai vivendo la vita cui tendevi fin da bambino. 
Assorta nella contemplazione delle tue bozze, trasalisco, impreparata, quando cambi bruscamente argomento: 
“È vero che stai pensando al grande passo?”
Ci fissiamo, sbigottiti entrambi. È chiaro che questa uscita ha colto di sorpresa perfino te. Chissà dove hai pescato un’informazione tanto riservata - per non parlare dell’idea di portare le nostre confidenze a un livello così intimo.
Rimango in silenzio per un po’, cercando di valutare cosa si nasconda dietro questo interessamento: è semplice curiosità o c’è dell’altro?
“No, nessuna campana sta suonando a festa - almeno per il momento” mormoro infine.
“Almeno per il momento…” ripeti, come a soppesare ogni sillaba. 
“Bah, forse è vero” ammetto, col cuore che martella in petto e il tono sulla difensiva, “forse comincio a chiedermi se non sia il caso di fare un passo avanti… non sono più una ragazzina, sai” rincaro, con la netta sensazione di dovermi giustificare davanti a te.
Ma tu assumi un’aria indecifrabile, poi chiedi, con calma forzata: “E questa pensata te la sei fatta da sola?”
La confusione in cui precipito è evidente. Arrossisco, poi bevo un sorso più lungo del normale solo per guadagnare tempo. 
Hai toccato un nervo scoperto – e comunque pensare con chiarezza sta diventando impossibile: la quantità di liquido nel mio boccale è prossima allo zero e la nebbiolina alcolica che mi fiorisce nella mente si fa più densa di minuto in minuto.
“Non puoi prendere una decisione simile in base alle aspettative di un altro. Devi essere tu, nel profondo, a desiderare questo tipo di legame. Se accetti unicamente perché credi di fare un piacere al tuo ragazzo o alla famiglia, finirai col pentirtene il giorno dopo.”
Non c’è traccia di paternalismo nella tua voce, perciò inizio a rilassarmi un po’. 
“Allora il trucco sta nel fare la fidanzatina a tempo indeterminato?”
“Il trucco sta nel non tradire se stessi. Andare contro se stessi non funziona. Mai. Prima o poi arriverebbe il conto da pagare. Salato” precisi, assaporando piano la tua pinta dorata. “Non è il resto del mondo a definire chi sei. È la tua anima a rivelarlo.”
Mi stringo nelle spalle: “Non sarà che giro a vuoto mentre tutti si decidono a diventare grandi?”
“Non sarà che esistono modi diversi per crescere?” replichi senza scomporti. “Stai solo ripetendo a pappagallo una lezioncina che non ti si addice. Non è necessario l’abito bianco per provare che sei adulta.” 
Ecco che viene alla luce un aspetto per me inedito della faccenda. Dalla culla in avanti mi è stato insegnato che, sul pianeta terra, certi step sono necessari: conseguire un titolo di studio, trovarsi un’occupazione stabile, crearsi una famiglia. Secondo i più, non ci sarebbe alternativa a questa catena infinita di incroci obbligati. 
Ma la conversazione col mio vecchio compagno di scuola riporta a galla la mia indole possibilista e dubitativa: l’esistenza segue davvero un copione già scritto? O, al contrario, siamo noi i soli autori della nostra storia?






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33. LA PAROLA ALL'AUTORE

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