venerdì 11 luglio 2025

28. ESPANSIONI

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Sotto il nome Espansioni trovate quella parte di narrazione che segue le esistenze dei nostri personaggi, ma non compare nel testo originale; perché il mondo di Liz si apre su nuovi orizzonti...


Jan e il Maestro: due strade che si incrociano
Quando ormai, vista l’ora tarda, mi consideravo al sicuro, ecco che Liz si materializza sulla porta di punto in bianco: è chiaro come il sole che il Maestro le ha svelato il nostro confidenziale trucchetto - altrimenti non sarebbe mai stata in grado di introdursi nell’atelier dopo la chiusura.
Sopra il cavalletto troneggia “Oltre la Superficie”, il mio capolavoro, la tela che sento dentro con maggiore intensità; non potrò mai realizzare un altro pezzo tanto significativo, neppure in un milione di anni, neppure in un trilione di collezioni. Questo dipinto è me, me spiccicato, la mia intera vita confessata in poco più di un metro quadro. Sconvolto, allungo una mano verso la ragazza, con la speranza di blandirla, di zittirla, di bloccare quel grido scellerato che potrebbe tradirmi irreparabilmente. Sono nudo in questo momento, un povero animale ferito e vulnerabile; ma, con mio immenso sollievo, lei non apre bocca. Però mi osserva, rivolgendomi un’attenzione tutta nuova. Appare più rispettosa, adesso che intuisce chi sono davvero, e una calda ondata di piacevole orgoglio mi pervade dalla radice dei capelli alle punta delle scarpe da lavoro.
D’un tratto, un ricordo mi si accende davanti agli occhi, una scena avvenuta diversi anni fa, ma ancora vivida in tutte le sue caratteristiche…

*

… mi trovo in riva al grande lago della Zona Cinque, con in mano un carboncino di fortuna, solo come Venere affissa all’orizzonte del tramonto. Convinto che nessuno potrà sorprendermi in questo luogo isolato, disegno frenetico su una banda di cartone, strappata malamente da un vecchio contenitore del latte. Sono così rapito dai miei traffici personali che non rilevo la presenza appena giunta alle mie spalle; è solo al suo colpo di tosse che capisco di avere compagnia. Allarmato, sobbalzo e mi volto, pronto a scontrarmi con le Squadre di Rimozione. Pronto a schizzare via, se la situazione dovesse volgere al peggio. Pronto a chinarmi per afferrare un sasso e lanciarlo al mio assalitore, se si arrivasse allo scontro fisico. Ma dietro di me c’è un innocuo, affabile signore di mezza età, un tizio eccessivamente rotondetto per corrermi dietro - e senza dubbio incapace di sovrastarmi fisicamente. 
Gli lancio un'occhiata colpevole, meditando comunque di darmela a gambe; ma quello fa roteare il bastone da passeggio e lo punta  contro il mio petto, con la speranza di bloccare la mia fuga imminente: “Giovanotto” mi apostrofa, con voce niente affatto minacciosa, “da dove esce il carboncino che nascondi maldestramente dietro la schiena?” 
Il suo sguardo è paterno e cortese, e io, abbandonata ogni logica, mi azzardo ad annunciare la verità a questo sconosciuto: “È opera mia… un processo al quale mi sono dedicato per giorni. All’inizio continuavo a bruciare il legno all’aria aperta, e i primi tentativi si sono rivelati un fiasco totale… ottenevo soltanto cenere. Ma quando ho pensato di bruciare i rametti all’interno di una latta per biscotti in disuso, il risultato è cambiato al cento per cento” concludo, soddisfatto dell’esito dei miei esperimenti. Poi, spinto dalla sete di condivisione, aggiungo: “I carboncini migliori si ottengono dal salice: lasciano un segno opaco e uniforme, sono leggeri e maneggevoli, si sfumano senza fatica! Ma soprattutto” e qui abbasso i toni, improvvisando un’aria complice, “tracciano linee della lunghezza che desidero.”
Lo scorso inverno, quando già ero stato inquadrato in Classe Otto, ho cercato di fare uno schizzo con la matita per occhi di mia madre. Il sogno di accedere al Rango Cinque era evaporato per sempre, ma io, ostinato più di un mulo, non volevo gettare la spugna. Sebbene i block notes nel nostro cassetto mostrino un taglio idoneo agli Ausiliari - parlo di insulsi rettangolini, buoni per appuntare la lista della spesa - speravo di arrangiarmi: mi sarei adattato a ritrarre minuscole illustrazioni monocromatiche. 
Ma non avevo fatto i conti con la tecnologia impiegata per produrre il kajal della Classe Otto: se tenti di tracciare una linea più lunga dello standard tollerato, il tratto svanisce come per magia, proprio come farebbe l’inchiostro simpatico; peccato che, in questo caso, il segno non torni mai visibile, neppure ricorrendo al più ingegnoso degli espedienti. Un pizzico di make up è consentito anche da noi, ma sempre in quantità irrisorie; non serve un rigo che tocchi lo zigomo per sottolineare il nostro sguardo… e, soprattutto, non devono diffondersi lapis improvvisati fra le nostre file! Le Autorità non fornirebbero mai a chi non è pittore i mezzi per realizzare arte visiva. 
Così quel giorno il Sistema era riuscito a piegarmi - ma non ero ancora sconfitto del tutto; e, finalmente, oggi ho in pugno il modo di aggirare la regola.
Non ho motivo di raccontare queste dinamiche al  rubicondo signore che mi sta davanti; ne è già a conoscenza. Ma contro ogni buonsenso so che posso fidarmi; sento che questa persona mi aiuterà, se appena ci riesce, che mi richiamerà alla vita vera. Perché mi vede come un individuo e non come un tassello all’interno di un Sistema che ci spersonalizza.
La parte rifiutata e sepolta di me potrà finalmente salvarsi dai lacci di chi desidera trattenerla nell’ombra.








 

   





1 commento:

  1. Da L.: Forte l'idea del kajal che scompare! Molto creativa 💪

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33. LA PAROLA ALL'AUTORE

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